domenica 25 gennaio 2009

Figuranti

"E lo spettro capovolto sul monitor del cuore guarda giù verso Gately con un’aria pensierosa e gli chiede se Gately si ricorda della miriade di comparse nel suo amato Cheers!, per esempio, non i protagonisti, Sam e Carla e Nom ma i clienti senza nome che stavano sempre ai tavoli e facevano gli avventori nel bar, vere concessioni al realismo, sempre relegati dietro a fare da sfondo o a passare sfocati davanti alla macchina da presa; sempre impegnati in conversazioni silenziose: le loro facce si animavano e le bocche si muovevano realisticamente, ma senza suono; solo le stelle famose potevano farsi udire. Lo spettro dice che questi attori frazionali, scenografia umana, erano visibili (ma non udibili) in molti intrattenimenti filmati. E Gately se le ricorda le comparse nelle scene nei luoghi pubblici, soprattutto nelle scene dei bar e dei ristoranti, o meglio si ricorda di non ricordarli, capisce che la sua mente confusa non ha mai pensato a quanto fosse surreale che quelle bocche si muovessero ma non venisse fuori nulla, e che lavoro miserabile da ultima ruota del carro del cazzo dovesse essere quello per un attore, fare l’arredamento umano, lo spettro dice che si chiamano figuranti queste mute presenze surreali sullo sfondo la cui presenza faceva capire che la telecamera, come ogni occhio, ha un angolo di percezione, un triage che stabilisce chi è abbastanza importante da essere visto e sentito e chi invece deve essere solo visto. Un termine che deriva dal balletto, figurante, spiega lo spettro. Lo spettro si spinge in su gli occhiali con il gesto a paletta del ragazzino che è appena stato schiaffeggiato in cortile e dice che una grande porzione della sua vita animata precedente lui l’ha passata a fare il figurante, un soprammobile alla periferia del campo visivo degli occhi di chi gli stava più vicino, ed era un modo davvero ignobile di trascorrere la vita. Gately, la cui crescente autocommiserazione lascia poco spazio o pazienza per l’autocommiserazione degli altri, cerca di sollevare la mano sinistra e muovere il dito mignolo per indicare la più piccola viola al mondo che suona il tema tratto da Il dolore e la pietà, ma solo a muovere la mano sinistra si sente quasi svenire. E, o lo dice lo spettro o lo pensa Gately, non si può apprezzare il pathos drammatico di un figurante finché non ci si rende conto di quanto sia intrappolato e ingabbiato nel suo muto status periferico, perché se ad esempio uno dei figuranti del bar di Cheers! avesse improvvisamente deciso di non farcela più e si fosse alzato e avesse iniziato a gridare e a sbracciarsi come un matto per avere un po’ di attenzione e uscire dal suo stato periferico all’interno dello spettacolo, Gately se ne rende conto ora, una delle star dello spettacolo sarebbe piombata in mezzo alla scena e gli sarebbe saltata addosso e gli avrebbe fatto la Manovra Heineken o l’Anti-Soffocamento, avrebbe finto che il figurante che continuava a sbracciarsi in silenzio stesse soffocando per una nocciolina o qualcosa di simile, e poi per tutto il resto di quell’episodio di Cheers! si sarebbero raccontate barzellette sul gesto eroico della star che aveva salvato la vita a quel poveraccio, oppure lo si sarebbe preso in giro per la cazzata di aver fatto la Manovra Heineken a qualcuno che non stava soffocando per una nocciolina. Non c’è modo che un figurante possa vincere. Il figurante ingabbiato non può avere una voce e non può essere messo a fuoco dalla telecamera. Gately riflette brevemente sulle statistiche di suicidio tra gli attori che fanno la gavetta. Lo spettro scompare e poi riappare sulla sedia vicino alle sbarre del letto, si sporge in avanti con il mento tra le mani appoggiate sulla gabbia in quella che ormai Gately considera la posizione classica di chi sta per raccontare-i-suoi-problemi-al-paziente-del-reparto-di-traumatologia-che-non-può-interrompere-e-non-può-scappare. Lo spettro dice che anche lui, lo spettro, quando era animato, si era occupato di filmografia, cioè di farle, le cartucce, questo lo diceva per beneficio d’inventario di Gately, che ci credesse o no, ma negli intrattenimenti che aveva fatto lo spettro in persona, lui dice che o erano muti o se non lo erano poteva star sicuro che si sentivano le voci di tutti gli attori, anche se si trovavano alla periferia cinematografica o narrativa; e non era il dialogo autoconsapevolmente sovrapposto di un poseur come Schwulst o Altman, cioè non era solo un’imitazione sapiente di caos uditivo: era il blaterio vero ed egualitario della vita reale delle folle senza figuranti, della vera agorà del mondo animato, il blaterio di una folla ogni membro della quale era il protagonista centrale e distinto del suo intrattenimento. A Gately viene in mente che non ha mai fatto un sogno dove qualcuno dice una cosa tipo grande porzione, e ancor meno agorà, che Gately interpreta come un tipo di maglia molto costosa. Era per questo, continua lo spettro, il completo ed egualitario realismo uditivo senza-figuranti era la ragione per cui i critici da salotto avevano sempre scritto che le scene nei luoghi pubblici degli spettacoli dello spettro erano incredibilmente noiose e autocompiacenti e irritanti, che non riuscivano mai a sentire le conversazioni narrative centrali davvero significative per via di tutto quel blaterio non filtrato delle comparse periferiche, e pensavano che il blaterio(/babele) fosse una posa autoriale d’arte alta ostile allo spettatore e autocompiacente, invece d’essere realismo radicale. Il sorriso triste del fantasma scompare quasi prima di apparire".

(David Foster Wallace, Infinite Jest, pp. 1003-1005)-sottofondo Telepathe, I can't stand it...

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